Non è proporzionale il licenziamento disciplinare del dipendente che sistematicamente utilizza l’autovettura aziendale, assegnatagli formalmente solo per ragioni di servizio, per soddisfare anche esigenze personali come compiere il tragitto sede di lavoro-abitazione nonché per utilizzo in pausa pranzo. Questa la pronuncia della Cassazione con sentenza n. 1377 del 19.01.2018.

I giudici chiariscono che il licenziamento per giusta causa (noto come licenziamento disciplinare in tronco dovuto a gravi motivi) è la massima sanzione disciplinare cui il datore può ricorrere in tutti i casi in cui la gravità degli addebiti è tale da non consentire la prosecuzione oltre del rapporto, per avere procurato nocumento all’azienda e infranto il rapporto fiduciario, a causa di una condotta animata da intento profittatore in aperto contrasto con le logiche aziendali.

Nel caso di specie la Cassazione giudica senz’altro illecita la condotta del lavoratore ma la connota in termini di minore gravità, ritenendo sproporzionato e quindi illegittimo il licenziamento, posto che: a) l’uso dell’auto aziendale nelle modalità descritte non integra fattispecie delittuose né lede gli interessi primari dell’azienda; b) è risultata assente la componente soggettiva del dolo e della malafede, e quindi la precisa volontà di arrecare danno, circostanza che avrebbe potuto ledere irreparabilmente il rapporto fiduciario, ; c) non è stato riscontrato un concreto pregiudizio economico a danno del datore. La condotta del lavoratore, in pratica, è stata ritenuta dai giudici di scarsa valenza trasgressiva.

Ben avrebbe potuto il datore sanzionare la condotta, che è e rimane illecita, con sanzioni di altra natura contrattualmente previste, quali il rimprovero scritto, la multa, la sospensione e/o contemplare la revoca dell’assegnazione dell’auto. Il datore è stato condannato alla reintegra ed al risarcimento dei danni.

Corte di cassazione - n. 1377 del 19 gennaio 2018