Con la sentenza citata, la Sezione Penale della Corte di Cassazione interviene sancendo che il potere disciplinare ed organizzativo del datore di lavoro deve mirare esclusivamente ad assicurare la qualità e l’efficacia dell’intervento ai fini della migliore organizzazione del lavoro, e non può essere utilizzato come strumento di educazione/rieducazione del lavoratore.

L’esercizio di tale potere costituisce un abuso penalmente rilevante – ai sensi art. 571 codice penale – abuso dei mezzi di correzione – allorché sfoci in maltrattamenti e condotte vessatorie idonee a ledere la dignità e personalità del lavoratore, andando quindi ben oltre le finalità legittime di ricondurre a correttezza le modalità di esecuzione della prestazione richieste dalle esigenze organizzative.

Nel caso di specie il lavoratore ha subito il lancio di oggetti ed è stato costretto a rimanere seduto davanti al datore intento in attività estranee alla sua prestazione lavorativa, al solo evidente scopo di infliggergli una punizione umiliante.

Dice ancora la Cassazione che il rapporto tra datore e lavoratore, nonostante l’assoggettamento di quest’ultimo all’autorità del primo, resta un rapporto tra due persone poste sullo stesso piano quanto a dignità ed autonomia individuale.

Sentenza:

Corte Cassazione – sezione penale – n. 51591 del 2 dicembre 2016