Licenziare un dipendente, divenuto inabile alla mansione svolta in corso di rapporto, non è legittimo se non viene previamente indagata ogni ulteriore residua possibilità di impiego in mansioni diverse, equivalenti o anche inferiori mai precedentemente prestate, con l’adozione anche di accorgimenti organizzativi. Tale accertamento dovrà essere adeguato e rigoroso, con prova a carico del datore di lavoro.

Così sentenzia la Cassazione citata che ritiene ingiustificato il licenziamento, motivato solo dalla sopraggiunta invalidità permanente del lavoratore, che gli impediva lo svolgimento della propria mansione. Il datore non è stato in grado, in giudizio, di dimostrare l’impossibilità assoluta di impiegare il lavoratore inabile ad altre mansioni, equivalenti o anche inferiori, all’interno del medesimo assetto produttivo già esistente. Il datore è comunque tenuto a verificare (dandone conto) la possibilità di introdurre accorgimenti organizzativi ragionevoli nei luoghi di lavoro, senza con ciò arrivare stravolgere il proprio assetto organizzativo, al solo scopo di trovare il modo di occupare proficuamente il lavoratore divenuto inabile.

La presente sentenza va nel solco di un orientamento giurisprudenziale consolidato, anche sotto il profilo dell’onere datorile di prospettare al lavoratore la possibilità di essere assegnato a mansioni inferiori, laddove il demansionamento rappresenti l’unica alternativa praticabile al licenziamento.

Corte di Cassazione - n.19025 del 16 luglio 2019

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